L’impatto dell’accumulo sulle relazioni famigliari

Quando si parla di disturbi mentali, una delle frasi ricorrenti è: “poverino, che brutta malattia.”

Chi non è direttamente coinvolto prova naturalmente sentimenti di compassione verso la persona malata e di profonda empatia verso le persone che gli sono vicine, a volte succede proprio perché sono stati direttamente coinvolti da situazioni simili e sanno bene quale impatto ha la malattia nella vita e nelle relazioni di una famiglia.

In generale, la malattia – più o meno grave – genera atteggiamenti che sono più vicini al desiderio di contribuire, di mettersi a disposizione, di aiutare..

Lavorando da qualche anno con persone che hanno relazioni particolari con gli oggetti e con il loro possesso, ho notato che l’atteggiamento di familiari e amici, spesso, è esattamente l’opposto. Come mai?

 

I conflitti

Nonostante il disturbo da accumulo sia dal 2014 un disturbo mentale inserito nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ), è ancora molto poco conosciuto e diagnosticato. Allo stesso tempo però, il numero delle persone che ne soffre è sempre più in aumento: secondo il National Alliance on Mental Illness (NAMI) Massachusetts, 1 persona su 50 ha problemi di accumulo.

Nella maggior parte dei casi, tutto avviene all’interno delle mura di casa, e rimane invisibile agli estranei e spesso anche ai vicini o ai conoscenti.

Il problema è invece, purtroppo, una grande fonte di sofferenza e di stress e ha un grande impatto emotivo sui conviventi o sui familiari stretti, creando tensioni e conflitti.

Uno dei primi motivi di conflitto, nei casi di convivenza, sorge quando l’accumulo si traduce in una perdita di spazio abitabile utilizzabile, soprattutto nelle aree comuni come la cucina, il soggiorno, il bagno. “Spazio abitabile utilizzabile” si riferisce alle stanze utilizzate per la loro funzione, inclusa la possibilità di utilizzare mobili ed elettrodomestici, senza interferenze causate dal disordine.

Un’altra area di conflitto è la gestione del denaro. L’impulso ad acquistare per ottenere più cose e, a volte, la necessità di affittare zone di stoccaggio (depositi temporanei, garage, capannoni, ecc.) generano tensioni e debiti: gli acquisti spesso non vengono discussi e il denaro a disposizione non può essere assegnato agli acquisti di cui i membri della famiglia potrebbero aver bisogno o desiderare.

Una terza area di conflitto può verificarsi quando la persona che accumula “rivendica” parti della casa come proprie, sottraendole di fatto alla disponibilità di tutti, per riempirle con oggetti accumulati e controllando come viene utilizzato lo spazio dagli altri membri della famiglia. In questi casi, la persona impedisce a chiunque di occuparsi degli oggetti e rifiuta la possibilità di essere aiutato, anche solo, a ridurre il rischio. Questo genera inevitabilmente sentimenti di impotenza, frustrazione, rabbia e vulnerabilità tra i membri della famiglia.

Infine, possono sorgere conflitti se i membri della famiglia sono così frustrati dall’accumulo da tentare di pulire o organizzare la casa, anche senza la persona che accumula. In questi casi, benché l’intervento sia realizzato a fin di bene, la persona generalmente si sente ingannata o violata da questa azione e può portare a discussioni e perdita di fiducia all’interno della famiglia.

 

I bambini

I figli di persone con disturbo da accumulo spesso non possono evitare di vivere nel disordine estremo, soprattutto se sono ancora minorenni, e questo influisce sulla loro vita sociale e sul loro sviluppo. I bambini sono spesso troppo imbarazzati da come si presenta la loro casa per invitare gli amici o non sono autorizzati a farlo a causa dell’imbarazzo dei genitori. Questo può portare a sentimenti di isolamento, impotenza e risentimento. Nei casi più gravi, i bambini potrebbero non avere spazio per giocare o studiare.

I bambini possono anche provare risentimento, depressione o rabbia per lo stile di vita che i genitori li obbligano a condurre e possono arrivare a credere che i loro genitori apprezzino i loro beni più di loro, e questo può far sentire i bambini abbandonati, rifiutati e anche non amati né apprezzati tanto quanto le cose dei loro genitori.

Da non sottovalutare anche i problemi legali che possono derivare se un vicino viene a conoscenza della situazione domestica e chiama i servizi di protezione dell’infanzia. Questo potrebbe anche comportare l’allontanamento dei bambini dalla casa con un effetto devastante per la famiglia.

 

Che cosa si può fare per aiutare una persona cara

Sii presente. Le persone con disturbo da accumulo sono spesso socialmente isolate. Sapere che non esprimiamo giudizi sull’accumulo creerà fiducia tra noi e loro e li aiuterà a sentirsi al sicuro in nostra presenza.

– Stabilisci obiettivi raggiungibili e celebra le piccole vittorie. Se la persona è pronta per iniziare il processo di eliminazione e alleggerimento, stabilire obiettivi piccoli e realizzabili aiuterà la persona a costruire fiducia, acquisire slancio e sentirsi orgogliosa dei progressi che sta facendo. Possiamo incoraggiarla a identificare una piccola area della casa da liberare, ma anche solo una scatola, un cassetto o a scartare un foglio di carta alla settimana.

– Permetti alla persona di avere il controllo. Per quanto difficile possa essere, evita la tentazione di assumere il controllo del processo di eliminazione, perché può portare rapidamente a sentimenti di risentimento o esaurimento. Chiedi invece alla persona come puoi essere più utile: stabilire insieme alcune linee guida sui confini – cosa va bene e cosa non va bene per loro quando sei nel loro spazio, per esempio, non solo trasmette rispetto, ma ti protegge anche dall’essere eccessivamente investito nel problema.

Irene Novello

Vice presidente APOI

Associato senior n.3

www.irenenovello.com

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessun commento

Scrivi il tuo commento

X