Italiani organizzati o disorganizzati?
Da poche settimane è stato pubblicato il primo rapporto sulla disorganizzazione che restituisce una fotografia dettagliata della relazione tra gli italiani e l’organizzazione. La ricerca dal titolo ‘Organizzato o disorganizzato, come ti senti?’ è stata condotta da Organizzare Italia, la prima impresa di professional organizing in Italia, organo di formazione e partner accreditato di APOI, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma.
Da anni Organizzare Italia si occupa di organizzazione e ha raccolto nel tempo un’ampia esperienza nell’insegnare alle persone ad organizzarsi meglio. Ora ha voluto capire in maniera analitica come le persone si sentano, quanto percepiscano la propria disorganizzazione come un problema e come questa le faccia sentire emotivamente e nelle relazioni interpersonali. Ne sono derivati dei risultati molto interessanti rispetto a quanta consapevolezza le persone hanno dell’organizzazione e se questa venga considerata uno strumento che apporta benefici in termini di benessere, efficienza, soddisfazione e stile di vita.
L’elaborazione delle risposte degli individui partecipanti alla ricerca ci hanno consentito di trovare alcune conferme e qualche sorpresa. Le persone hanno mediamente un problema a gestire gli oggetti e le informazioni che affrontano quotidianamente e si sforzano di cercare soluzioni. Queste soluzioni tuttavia nella maggior parte dei casi non risolvono, del tutto o in parte, il problema.
Questa difficoltà ad affrontare e appianare le complessità organizzative deriva per nostra esperienza da una serie di fattori che agiscono simultaneamente: la quantità di input è enorme e sempre in crescita, la vita è sempre più complessa, le competenze organizzative non vengono insegnate, l’organizzazione viene percepita come difficile e pesante. Tutto questo porta le persone a non prendersi del tempo per organizzare le proprie risorse, con un impatto negativo sulla loro gestione.
Come spiega la Professoressa Patrizia Cinti, docente di Comunicazione organizzativa del Dipartimento CoRiS, Comunicazione e Ricerca Sociale di Sapienza Università di Roma, che ha sostenuto e aiutato a curare la ricerca: “[…] dobbiamo ricordare che essere organizzati non è sinonimo di essere ordinati. Perché l’opposto dell’organizzazione non è il disordine, ma è la dispersione: di tempo mal vissuto, di spazi male utilizzati, di energie personali, fisiche e mentali, male impiegate, di aspirazioni e desideri sacrificati o negati. Tutto può essere sprecato, dissipato, se non volgiamo la nostra attenzione all’organizzazione, proprio in prima persona, assumendoci la responsabilità delle nostre scelte e azioni possibili.”
Un altro interessante dato che si evince dal rapporto è che in generale c’è una scarsa percezione della disorganizzazione personale come un fatto sociale capace di condizionare e di influenzare la vita degli individui e le relazioni di ognuno. L’organizzazione viene quindi percepita come questione che attiene solo la sfera personale e sembra non abbia invece conseguenze su chi ci sta intorno.
Ma chi di noi è in attesa di una risposta, da sollecitare continuativamente, o tarda una consegna per colpa di altri, o ancora aspetta invano ad un appuntamento sa bene che le conseguenze della disorganizzazione delle persone può essere molto pesante per il nostro flusso di lavoro e il nostro benessere emotivo.
Il Professional Organizer con il suo lavoro e le sue consulenze aiuta il singolo a trovare un equilibrio organizzativo soddisfacente e duraturo, e nel contempo aiuta a star meglio anche tutta la realtà che intorno a quella persona gravita. La miglior puntualità, coerenza e presenza nell’azione della migliorata organizzazione portano con sé un impatto positivo.
Il lavoro del Professional Organizer parte dal singolo e punta ad un cambiamento che con il tempo diventerà sempre più virale e potente, coinvolgendo pian piano e in maniera trasversale sempre più persone e ambiti sempre diversi, dalle famiglie alle scuole, dalle aziende alle pubbliche amministrazioni.
Una dichiarazione di Fabiola Di Giov Angelo, curatrice della ricerca e membro del CDA di Organizzare Italia, sintetizza bene gli obiettivi della nostra professione: “Questa prima indagine di sfondo che abbiamo voluto realizzare ci consegna uno strumento capace di dare la misura della richiesta sociale di organizzazione, in ogni ambito, e un compito da proseguire che ci conduce verso un cambiamento culturale.”
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