Disorganizzazione cronica e disturbo d’accumulo in azienda

La disorganizzazione cronica e il disturbo d’accumulo, così definiti per la prima volta da Judith Kolberg fondatrice dell’Institute for Challenging Disorganization (ICD), sono condizioni di difficoltà sia di ordine organizzativo che di accumulo.

Entrambi i fenomeni vengono associati principalmente all’ambito familiare, ma in realtà sono molto frequenti anche in ambito aziendale.

Definirli in modo chiaro è dunque importante per dare a ognuno di essi la giusta interpretazione e per avere la consapevolezza di come poterli riconoscere e affrontare.

 

Che cosa si intende per disorganizzazione cronica?

La definizione disorganizzazione cronica non indica un disturbo mentale, né una condizione clinica, né vuole essere una diagnosi medica, ma vuole semplicemente indicare lo stato nel quale può trovarsi una persona durante un periodo della vita particolarmente complesso, in cui si trova ad affrontare diverse difficoltà a seguito, ad esempio, di eventi eccezionali.

Capita che la persona in questione non riesca più a riconoscersi e si trovi in difficoltà nel riportare la propria quotidianità all’equilibrio e all’ordine.

Se questo stato persiste per molti anni allora si può parlare di una persona cronicamente disorganizzata e questo genere di disorganizzazione incide sulla qualità della vita e, a cascata, anche sulle relazioni sociali e sul lavoro.

Molto spesso le persone cronicamente disorganizzate cercano di uscire da questa condizione in modo autonomo, ma ogni tentativo risulta inefficace. E questi sforzi non fanno che alimentare la loro convinzione di non poter cambiare la loro condizione.

Ci sono alcuni fattori che accomunano le persone soggette a disorganizzazione cronica:

  • accumulare molti oggetti di qualsiasi genere, come ad esempio documenti, riviste, carta anche oltre il loro fabbisogno;
  • trovarsi in difficoltà nel separarsi dalle cose e quindi nel lasciarle andare;
  • avere svariati interessi, ma anche molti progetti incompiuti;
  • sentire la necessità di vedere fisicamente le cose da fare per ricordarsene;
  • essere solitamente caratterizzate da scarse capacità di gestione del tempo;
  • mostrare difficoltà a catalogare;
  • faticare a organizzare il flusso di lavoro in modo funzionale;
  • tendere a perdere il controllo della situazione e spesso non riuscire ad avere una visione generale;
  • mancare di organizzazione anche nel proprio spazio di lavoro;
  • avere difficoltà a organizzare dati e dispositivi digitali: desktop, mail, ecc;
  • distrarsi facilmente e perdere la concentrazione.

 

Che cosa si intende, invece, per disturbo d’accumulo?

La definizione del disturbo d’accumulo o Hoarding Disorder (HD) in inglese, è una patologia che indica “la fobia di gettare qualsiasi cosa”. Le persone che ne soffrono finiscono con il vivere in ambienti letteralmente invasi da oggetti accumulati nel corso degli anni e dove quindi non è più possibile muoversi in modo adeguato.

Si tratta di ambienti dove diventa addirittura pericoloso vivere, per il rischio di essere sommersi e schiacciati dagli oggetti. Le condizioni igieniche che caratterizzano questi spazi sono quasi sempre al limite e la vita sociale di queste persone ne è estremamente condizionata.

Alcuni aspetti comuni delle persone con disturbo da accumulo sono:

  • acquisto compulsivo e incapacità di eliminare;
  • eccessivo perfezionismo senza visione d’insieme;
  • difficoltà a pianificare ed essere costanti;
  • stanchezza cronica;
  • ipersonnia;
  • scarse capacità di categorizzare;
  • difficoltà ad attribuire una scala di valore agli oggetti;
  • fatica nel prendere decisioni;
  • ritardo cronico;
  • poche relazioni interpersonali.

Gli spazi di vita di queste persone sono spesso privi di superfici libere, affollati da pile di oggetti sovrapposti o accatastati senza un criterio logico oltre che da contenitori di vario genere e dimensione. Nel tempo gli spazi perdono quindi di funzionalità: l’ufficio non è più un luogo di lavoro, il magazzino non è un archivio, il bagno è inaccessibile e nel tempo è possibile muoversi solo attraverso dei camminamenti detti sentieri di capra.

 

L’impatto a livello aziendale

Questi aspetti in ambito aziendale possono avere un forte impatto sulla qualità lavorativa, sullo stato emotivo delle persone e sulle relazioni interne ed esterne all’azienda.

In breve, incidono negativamente anche sull’intero flusso di lavoro, sulla produttività e sui risultati aziendali.

Conoscere a monte quelle che sono le dinamiche della disorganizzazione cronica e del disturbo d’accumulo permette all’azienda di intervenire in modo peculiare senza ledere la dignità delle persone che soffrono di questi disturbi.

Questo può essere attuato tramite l’aiuto di figure professionali come psicologi, counselor, coach e professional organizer specializzati in questi ambiti.

Lavorando in sinergia è possibile offrire un supporto concreto, creando un percorso di consapevolezza ad hoc, fatto di micro-obbiettivi e relative azioni, utili a sperimentare e apprendere nuove modalità organizzative.

Le nuove competenze acquisite permetteranno di aumentare l’autostima, facendo sentire anche queste persone parte di un sistema aziendale attento e inclusivo.

Si instaurerà, così, una relazione virtuosa basata su valori come il rispetto e la fiducia, che avrà un forte impatto sulla loro vita personale, sulla loro capacità lavorativa e, cosa non meno importante, sulla prosperità dell’azienda stessa.

Rosa Farina

www.rosafarina.it

 

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