Dalla pianificazione all’elaborazione
Cosa, quando e dove per lavorare meglio
«Cerca di non creare un lavoro dal quale devi scappare.»
Questa frase sembra così banale, ma corrisponde alla trappola che spesso costruiamo con le nostre mani.
Quando trasformiamo una passione in un lavoro, finché non diventerà un incubo.
Quando apriamo la partita Iva per inseguire la libertà, finché non lavoreremo ininterrottamente giorno e notte per paura di perdere chissà che cosa.
Quando continuiamo a fare un lavoro che non risuona sulle nostre frequenze perché tanto i posti sono tutti uguali, finché non ci logorerà del tutto e non avremo più voglia di alzarci dal letto la mattina.
Per proteggere quello che vogliamo fare e rimanere persone integre senza la necessità di scappare, servono almeno due aspetti:
- l’intenzionalità in quello che facciamo, passando dalla reattività verso ciò che ci succede all’unione di proattività e consapevolezza;
- la concentrazione per riuscire a portare a termine quello che vogliamo fare, con un aumento dell’autostima e della soddisfazione personale.
La pianificazione come strumento di protezione
Che cosa serve per pianificare il nostro lavoro? Che cosa possiamo mettere in atto per avere un’agenda che ci rispecchi?
In poche parole, significa riuscire a elaborare ciò che ha più valore per noi in un dato momento.
Ma come si elabora qualcosa? Per farlo, partiamo da tre parametri:
- cosa
- quando
- dove
Ogni volta che vogliamo pianificare il lavoro, dobbiamo riuscire a identificare l’oggetto della nostra concentrazione, comprendere cosa vogliamo farne, quando e dove (dove inteso sia come luogo di azione sia come luogo di destinazione).
Il fine è quello di allontanare il più possibile la sensazione di caos che ci fa sprecare tempo, energia e attenzione, arrivando a sera dimenticando che cosa abbiamo fatto.
Senza l’elaborazione di questi parametri, significa iniziare il lavoro ogni giorno in debito rispetto al giorno precedente, non potendo gestire l’arretrato e continuando a reagire nei confronti delle ultime cose che continuano a entrare. Cose nuove che arrivano e che finisco nei nostri punti di ingresso.
Che cosa sono i punti di ingresso
I punti di ingresso sono come dei raccoglitori che ricevono ogni tipo di cosa che affrontiamo durante le giornate. Spazi fisici e digitali pronti a immagazzinare qualsiasi cosa non elaborata.
La inbox delle email, i messaggi che riceviamo, le attività non ancora pianificate, i documenti da sistemare, gli appunti che prendiamo, gli articoli che salviamo, i cassetti da riordinare, il piano della scrivania pieno di cose… Sono solo alcuni esempi di punti che prima o poi richiederanno la nostra attenzione, restituendoci in cambio un bruttissimo senso di sovraccarico.
Avere troppi punti di ingresso vuol dire amplificare la dispersione, abbassare di colpo l’energia e frammentare la concentrazione a causa del continuo accumulo di cose non elaborate. A volte in modo più evidente, a volte in modo silente ma senza sosta (come avere tanti tarli nella mente).
E se davvero avessimo trentaquattro ore al giorno, semplicemente avremmo dei raccoglitori più grandi di cose irrisolte e non elaborate.
Non elaborare significa lasciare le cose irrisolte nel limbo della nostra mente, senza decidere cosa farne, quando farlo e dove metterle, con il risultato di vivere male il lavoro.
I punti di ingresso sono ovunque. Ogni volta che accumuliamo qualcosa sul tavolo, gli scontrini nel portafoglio, i file digitali non ordinati, le icone sul desktop, la cartella dei file scaricati… Troppi punti di ingresso scatenano la tendenza a saltare da una cosa all’altra (cambio di contesto inutile e dannoso).
Ecco perché anche i punti di ingresso vanno organizzati, esattamente come le altre parti del nostro lavoro. Le aree che identifichi devono essere riviste, senza lasciare che il disordine si accumuli in modo eccessivo (lo spazio digitale necessità degli stessi criteri di pulizia dello spazio fisico).
Se non pianifichi il tempo da dedicare alla revisione, andrai avanti senza un metodo fino a quando non ce la farai più e, in piena frustrazione, passerai delle ore a tentare di sistemare qualcosa che è andato fuori controllo. Nei casi peggiori, arriverai a odiare il tuo lavoro e ti sembrerà che tutti i punti di ingresso ti tirino verso direzioni diverse.
I momenti che funzionano
Nei momenti di stanchezza e quando non riusciamo a portare a termine le attività, proviamo dispiacere e, magari, a seconda del nostro temperamento, anche una sorta di rabbia.
In tutto questo nuotare tra un’emozione negativa e l’altra, la concentrazione se ne va alimentando un circolo vizioso.
Questo succede soprattutto perché notiamo solo i “momenti no”.
Gli altri momenti, quelli che funzionano meglio nel nostro lavoro, scorrono senza nemmeno farsi sentire e non li percepiamo come tali.
La stanchezza ci fa credere di lavorare male, ma se iniziassimo a esaminare un periodo più ampio riusciremmo a vedere molto di più.
Certo è che i problemi e gli imprevisti non mancano mai, ma per il resto del tempo le cose vanno bene, il lavoro va avanti e riusciamo a portare a termine le attività.
È così importante prestare più attenzione a quello che facciamo bene, non solo ai problemi!
Quando guardiamo il calendario, dovremmo essere in grado di notare immediatamente quali sono le priorità e se sono in linea con i nostri obiettivi. In caso contrario, possiamo imparare a essere molto più intenzionali con la pianificazione, facendo quello che possiamo con quello che abbiamo.
Se ti stai chiedendo come fare, torna all’inizio dell’articolo e comincia dall’intenzionalità nel cercare di elaborare le cose e organizzare i tuoi punti di ingresso.
Prova a fare questo esercizio: quando rivedi le settimane o i mesi già trascorsi, identifica le aree del calendario per le quali ti sembra di aver fatto un buon uso del tuo tempo (e, viceversa, le aree che ti sembra di aver gestito male).
Quindi, usa due colori e, guardandoti indietro, identifica i blocchi di tempo appena definiti:
- un colore per quando hai fatto un buon uso del tuo tempo;
- un altro per quando hai fatto un pessimo uso del tuo tempo.
Alcune cose non potrai cambiarle, ma si tratta di un ottimo esercizio di consapevolezza che ti aiuterà nella pianificazione futura, senza arrivare a voler scappare dal tuo lavoro.
Debora Montoli
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