Bilancio dell’anno appena trascorso
In questo mese nuovo di zecca, molte persone pensano ai buoni propositi di inizio anno: liste di “vorrei” che in molti casi sfumano in “volevo” già a metà febbraio. Quando poi si arriva alla fine dell’anno, ci si trova davanti a una sensazione di svilimento, perché i propositi si sono dissolti e l’anno è proseguito col pilota automatico.
Perché ci perdiamo i buoni propositi per strada?
Le ragioni possono essere varie. La prima riguarda l’impegno. Avere un proposito o un desiderio è facile, impegnarsi per realizzarlo è tutta un’altra storia, che richiede tra le altre cose un’autentica voglia di mettersi in gioco.
In altri casi, identificare un obiettivo e stabilire quali sono i passi per raggiungerlo può essere complicato. E quindi, con un grande punto di domanda in testa, si lascia perdere.
Infine è possibile che, seppur armati della migliore volontà, non si riesca a formalizzare l’obiettivo nella maniera corretta e che, di conseguenza, esso non risulti raggiungibile e misurabile.
Se dovessi fare un’analisi dei miei obiettivi del 2018, direi di aver miseramente fallito su più fronti e, per questa ragione, dovrei buttare il mio ultimo anno nel dimenticatoio. In generale, direi che è stato un anno misto, fatto di avventure rocambolesche, alcuni traguardi raggiunti, momenti estremamente difficili a cui sono seguiti momenti felici di pura adrenalina. E, qua e là, anche qualche attimo di smarrimento.
E quindi, come si fa a dire se è stato un anno positivo o negativo?
La mia sensazione è che, anche se molti obiettivi non li ho raggiunti e ho vissuto tanti momenti bassi, il 2018 sia stato un anno proficuo sotto molti aspetti. Come sono arrivata a questa conclusione?
La parola magica
Ho deciso di fare un bilancio del mio anno basandomi anche su un altro criterio. Da qualche anno, a ogni inizio, scelgo una parola guida che mi ispiri e che mi indichi la direzione da seguire. Al di là di qualsiasi proposito o obiettivo, questa parola diventa il leitmotiv di come conduco le mie giornate, sia nel lavoro sia nel privato.
L’unica regola importante è che la parola scelta sia quella che veramente sento all’inizio dell’anno, perché in questo modo è più facile accorgermi se sto seguendo la direzione che mi sono proposta. Se la parola non rispecchiasse pienamente la fase della vita in cui sono, rischierei di dimenticarmene in fretta e non mi comporterei di conseguenza.
Al momento del bilancio, valuto l’anno appena trascorso in base alla mia parola guida per vedere se e quanto sono riuscita a rispettarla. Ti faccio un esempio per capire meglio: per il 2018 la mia parola guida era “apertura”. Con questa parola intendevo in particolare la necessità di aprirmi alle novità e di uscire dalla mia zona di comfort. A fine anno ho passato al vaglio tutti gli ambiti che per me sono importanti e ho cercato di capire se ho agito in un’ottica di “apertura”: al lavoro, nelle relazioni, ecc.
Per quanto riguarda il lavoro, per esempio, ho scelto di “aprirmi” in due modi diversi:
- Ho deciso di partecipare a eventi di professionisti. Sembra banale, ma per il mio carattere, è decisamente più facile stare nel mio cantuccio in tranquillità. Espormi e farmi conoscere, invece, è stato un bel modo di aprirmi alle novità: ho potuto confrontarmi con persone molto interessanti, scambiare idee e approfondire temi. In alcuni casi sono nate anche delle collaborazioni preziose!
- Ho scelto di darmi al nomadismo digitale e provare a lavorare in modo itinerante, senza avere una base fissa (ciò si lega naturalmente a una scelta di vita itinerante). Questo significa dover riorganizzare il materiale di lavoro (che deve stare in uno zaino!) e ottimizzare il flusso di lavoro e le collaborazioni con le mie colleghe. Anche in questo caso, ho aperto la mente e trovato soluzioni nuove per facilitarmi il lavoro.
Dopo aver analizzato cosa ho realizzato nei diversi ambiti, mi chiedo cosa ho imparato e cosa posso fare meglio: nell’anno appena trascorso ho sicuramente imparato ad aver bisogno di poche cose e ho allenato la capacità di trovare soluzioni creative per le mie esigenze. I margini di miglioramento, invece, li vedo nella partecipazione a eventi futuri, in cui potrei aprirmi di più e propormi per tenere delle presentazioni.
A questo proposito, c’è una cosa molto importante da tenere a mente: anche se ogni anno scelgo una parola nuova, gli insegnamenti e i propositi di miglioramento della parola precedente continuo a coltivarli (o almeno cerco!) fino a farli diventare una buona nuova abitudine.
Con questo sistema è possibile capire a fondo com’è trascorso l’anno e rivalutare anche quelli che a prima vista sembrano di calma piatta. In ogni caso, penso che si debba sempre partire dal presupposto che anche il “peggiore” degli anni sia comunque servito a fortificarsi e a porre le basi per un anno migliore. E tu come fai il bilancio del tuo anno? Raccontami nei commenti se hai un altro modo per tirare le somme!
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